Una performance collettiva, una discussione aperta in cui tutti rispondono ad ALLAHU AKBAR cercando di scoprire la bellezza di quel momento. un invito ad artist e residenti di BASE a decostruire collettivamente i pregiudizi legati a espressioni specifiche, un tempo percepite come simboli di odio, ma che hanno il potenziale per assumere un nuovo significato linguistico e semantico. Per sviluppare una performance sonora, dal vivo o registrata, incentrata sul “Takbir”, per ripristinare il suo potere positivo e la sua magnificenza.
Durante una protesta tenutasi a Bruxelles, in Place de Bethléem, i canti di “freedom for Palestine” sono riecheggiati con le voci che si alzavano a ogni grido. A un certo punto, un manifestante ha gridato un potente “Takbir” (una proclamazione della grandezza di Dio), al quale la folla ha immediatamente risposto all’unisono: “Allahu Akbar, Allahu Akbar” (Dio è il più grande).
Un’amica di Tourki, inizialmente esitante, ha poi fatto un respiro profondo e ha gridato con tutte le sue forze: “Allahu Akbar”. Poi si è rivolta a Yosra e ha detto: “È la prima volta che dico questa frase e mi sento libera, orgogliosa di averla detta”. In quel momento, ad Yosra era chiaro fosse accaduto qualcosa di profondo. Era stata superata una barriera linguistica ed emotiva: “Allahu Akbar” non era più l’espressione temuta e associata al terrore, ma era diventata un grido d’appello, un invito alla comunità, alla liberazione e alla creazione.
Questa espressione, per molto tempo prigioniera di cliché e interpretazioni errate, usata come arma per incitare all’odio, alla violenza e alla morte. Era stata vittima del fanatismo religioso, dell’estremismo islamico e dell’esagerazione dottrinale, nonché della demonizzazione mediatica e politica orchestrata dall’imperialismo occidentale, determinato a combattere e sradicare l’Islam dal suo territorio.
In quel momento, Tourki scrisse un post: “Allahu Akbar, un semplice canto di pace, un sussurro per la calma e la sicurezza, non per il caos e il terrorismo”. Negli alti e bassi della vita, queste parole vengono pronunciate sia nel dolore che nella gioia. È un’espressione sentita, nella convinzione che solo Dio comprenda le profondità interiori di ciascuno. Ad ogni pronunciamento, si esprime la fede che la vittoria risieda nel profondo di se stessi. “Allahu Akbar” è un umile promemoria che il trionfo è un viaggio guidato da Allah. È ormai evidente che ripristinare la bellezza e la dignità della frase “Allahu Akbar” non è più un’impresa individual: voci come quelle di Alaa Mansour, Saif Fradj, Maïssane Alibrahimi e molti altri si stanno alzando. Insieme, stanno unendo i loro cuori e le loro menti intorno a questa espressione, trasformando “Allahu Akbar” in un terreno comune, una lingua condivisa.
Yosra Tourki, artista tunisina attualmente residente in Francia, si è laureata nel 2023 all’École des Beaux-Arts de Nîmes. Dal suo arrivo in Francia nel 2020, ha esplorato il concetto e le forme dello spostamento – sia deliberato che impulsivo – attraverso film, scritti, installazioni, dialoghi e ricerche. Il suo lavoro è profondamente radicato in un impegno costante a sfidare le strutture di potere, le pratiche e le dinamiche istituzionali.